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Pio XI, papa.

Al secolo Ambrogio Damiano Achille Ratti. Pontefice dal febbraio 1922 al febbraio 1939. Nato da una famiglia della media borghesia lombarda, studiò presso i seminari di Monza e Milano; fu ordinato sacerdote nel 1879 e conseguì nel 1882 il dottorato in Diritto canonico e Teologia all'Università Gregoriana di Roma e alla Sapienza. Lavorò come docente nel seminario milanese, attendendo anche a studi storico-ecclesiastici che gli guadagnarono la nomina a dottore della Biblioteca Ambrosiana nel 1888. Il prefetto della biblioteca, Ceriani, introdusse Ratti negli ambienti conciliatoristi milanesi e lo indicò come suo successore nel 1907. In quegli anni Ratti (che curò anche il riordino della biblioteca della Certosa di Pavia, della Pinacoteca Ambrosiana, ecc.) portò a termine le sue opere di maggior valore, fra cui gli Acta ecclesiae mediolanensis ab eius initiis usque ad nostram aetatem (1890-99) e il Missale ambrosianum duplex (1913). Nel 1914 fu chiamato da Benedetto XV come prefetto alla Biblioteca Vaticana. La sua attività di studioso, bibliotecario, paleografo si interruppe quando il papa gli affidò, valendosi delle sue conoscenze storiche e linguistiche, l'incarico di visitatore apostolico in Polonia e Lituania. In tale veste egli contribuì al riconoscimento del nuovo Stato polacco da parte del Vaticano e ne diventò il nunzio apostolico nel 1919; avviò inoltre le trattative per la stipulazione di un concordato tra Polonia e Santa Sede. Nel giugno 1921 ricevette la nomina ad arcivescovo di Milano insieme alla porpora cardinalizia e, pochi mesi dopo, nel 1922 fu eletto papa. Prescelto in quanto figura di mediazione tra la linea di Pio X e quella più disponibile alla conciliazione di Benedetto XV, P. volle dare un chiaro segnale del proprio pensiero impartendo la benedizione urbi et orbi dal balcone esterno di San Pietro, rimasto chiuso fin dalla presa di Porta Pia nel 1870. Il suo pontificato fu scandito dalla promozione di tre giubilei: quello ordinario del 1925, quelli straordinari del 1929, per il cinquantesimo dell'ordinazione sacerdotale, e del 1933, per il diciannovesimo anniversario della Redenzione. P. diede grande impulso alle missioni e si dedicò in particolare alla creazione di sacerdoti e vescovi indigeni, promuovendo (per quanto fosse possibile all'epoca) l'inculturazione del Cattolicesimo nelle terre di missione. Con particolare attenzione curò i problemi delle chiese orientali (Ecclesiam Dei, 1923; Rerum orientalium, 1926) e le questioni dottrinali e organizzative per la formazione del clero in tutti i continenti (Deus scientiarum Dominus, 1931; Ad catholici sacerdotii, 1935). Tuttavia il pontificato di P. fu eminentemente politico, coprendo gli anni tormentati del primo dopoguerra, quelli della crescita dei regimi totalitari, dell'antisemitismo di Stato e della preparazione del conflitto. Nella sua prima enciclica Ubi arcano (1922), P. mise in correlazione il mantenimento della pace nel mondo (pax Christi) con la realizzazione del regno Christi: tema, quello della regalità di Cristo, che sempre rimase presente nella sua pastorale, come mostra l'istituzione della festa liturgica di Cristo Re. Strumento privilegiato dell'impegno del laicato doveva essere l'Azione Cattolica (V.), che il papa promosse non solo in Italia ma anche in numerose Nazioni e Paesi di missione. Emanò diverse encicliche relative all'impegno dell'apostolato laico (Rerum omnium, 1923), all'educazione dei giovani (Divini illius Magistri, 1929), al matrimonio cristiano (Casti connubii, 1930) e, in linea con la Rerum Novarum di Leone XIII, alle problematiche economico-sociali (Quadragesimo anno, 1931). La volontà di P. di risolvere la "questione romana" portò a una politica conciliativa con lo Stato italiano. L'eliminazione del Partito Popolare da parte del regime fascista non fu di ostacolo al procedere delle trattative, che si conclusero con la firma dei Patti Lateranensi (V. LATERANENSI, PATTI) nel febbraio 1929. Ciò nonostante non mancarono in seguito attriti tra la Chiesa e il Fascismo (benché l'atteggiamento del papa verso di esso fosse sostanzialmente benevolo), in particolare per quanto riguardava l'Azione Cattolica. Tale associazione era infatti l'unica agenzia educativa rivolta ai giovani alternativa al regime stesso, e perciò il Fascio voleva discioglierla. P. la difese pubblicamente e con successo mediante l'enciclica Non abbiamo bisogno (1931). L'incidente non impedì al papa di esprimere la propria solidarietà all'Italia in occasione della guerra d'Etiopia, fatto che attirò molte critiche dall'estero verso la Santa Sede. Nuove tensioni si verificarono con l'entrata in vigore delle leggi razziali nel 1938, che tendevano, fra l'altro, a invalidare i matrimoni "misti" tra ebrei convertiti e cattolici, che la Chiesa voleva invece preservare. La politica concordataria fu esercita da P. nei confronti di tutti gli Stati europei; quando la sottoscrizione di un vero e proprio trattato non era possibile, il pontefice cercò comunque di stabilire un modus vivendi per le chiese locali (si veda il caso della Cecoslovacchia nel 1928). Ricordiamo qui i concordati con Lettonia (1922), Baviera (1925), Polonia (1925), Lituania (1927), Portogallo (1928), Prussia (1929), Romania (1932), Reich nazista (1933), Austria (1934). La scelta dell'accordo bilaterale anche con la Germania non voleva offuscare, nelle intenzioni del pontefice, la condanna dei totalitarismi tanto di destra quanto di sinistra, anche se nella pratica questa politica portava a una radicale avversione per il comunismo ateo e materialista (enciclica Divinis Redemptoris, 1937), non certo bilanciata da un'altrettanto esplicita censura per i Fascismi europei (non si dimentichi il riconoscimento prontamente offerto dal Vaticano al regime franchista all'indomani della guerra civile spagnola). Tuttavia, di fronte al rafforzarsi del regime nazista del Reich tedesco, al delinearsi del suo neopaganesimo, della sua politica anticristiana, antireligiosa e antiumanitaria, P. decise di condannare pubblicamente questi dati culturali e religiosi nell'enciclica Mit brennender Sorge (1937), emanata prima in tedesco. Il divampare dell'antisemitismo in Germania e poi, con l'emanazione delle leggi razziali del 1938, in Italia, fu censurato dal papa, che in occasioni pubbliche affermava "l'unicità della razza umana" (discorso del 28 luglio 1938 all'Istituto Propaganda Fide) e la spirituale discendenza dei cristiani dai popoli semiti. Nell'acuirsi dei contrasti con il regime per l'opposizione alla politica antisemita, P. affidò ad alcuni collaboratori la stesura preliminare di un documento che avrebbe dovuto costituire la base di una sua enciclica contro il razzismo e l'antisemitismo. Alla morte di P. gli appunti andarono persi, ma nel 1995, dopo una ricerca iniziata nel 1967, fu pubblicato, da due monaci e studiosi francesi, un lavoro dal titolo "L'Encyclique cachée de Pio XI", contenente la bozza dell'Humani generis unitas, redatta su incarico del pontefice dal gesuita franco-americano John La Farge. Non erano queste le uniche parole che il papa avrebbe voluto pronunciare in condanna al razzismo: egli morì alla vigilia del decennale della firma dei Patti Lateranensi, in occasione del quale aveva radunato, per la prima volta nel suo pontificato, tutti i vescovi. Gli appunti del discorso che stava scrivendo la sera in cui morì sparirono, ma furono ritrovati e resi pubblici nel 1959 da papa Giovanni XXIII nel loro contenuto di accusa al razzismo e alla "svastica, nemica della Croce di Cristo" (Desio, Milano 1857 - Città del Vaticano 1939).